La rivolta ungherese del 1956.
Secondo gli accordi di Yalta, le nazioni dell’Europa dell’est furono collocate sotto l’influenza sovietica con l’instaurazione di regimi comunisti. Con la morte di Stalin ci furono però dei cambiamenti ideologici ed anche molti personaggi legati al defunto furono sostituiti nel nome del “revisionismo”. Ciò avvenne anche negli Stati satelliti per cui in Ungheria divenne Capo del Governo Imre Nagy, già ministro, e furono liberati i prigionieri politici che erano in carcere perché non ben visti dal precedente Governo. Proprio questi gesti di distensione provocarono a Nagy l’accusa di “deviazionismo” e la sua destituzione. In quel periodo la gioventù comunista ungherese incominciò a mostrare inquietudine per l’oppressione del potere costituito e ciò avvenne proprio in un periodo in cui l’Unione Sovietica (URSS) stava consolidando il suo controllo sulle singole nazioni attraverso il “Patto di Varsavia” che legava militarmente l’URSS e le nazioni satelliti in un vincolo di reciproca assistenza. Ma in Ungheria i fatti ormai precipitavano perché, nonostante un po’ di libertà concessa, aumentavano i dissensi da parte di intellettuali e studenti che ora veniva espressa anche con propri giornali arrivando infine alla stesura di un “manifesto” di protesta contro i metodi repressivi adottati dal regime in diverse occasioni. Inoltre i giovani, che erano già inquadrati nella “Gioventù comunista”, formarono loro organizzazioni autonome con la pretesa nazionale di non essere trattati come Stato satellite ma di avere maggiore rappresentatività nei confronti dell’URSS. Nell’ottobre 1956 in una manifestazione pubblica gli studenti inneggiarono a Nagy fischiando la terminologia comunista. Ne seguì un corteo che ben presto divenne di circa 200.000 persone. Alcuni rappresentanti chiesero che la Radio trasmettesse un proprio proclama ma vennero arrestati e questa fu la scintilla che dette inizio alla protesta armata che già provocò i primi morti. Il comitato centrale del partito comunista chiese l’intervento militare che avvenne il 24 ottobre utilizzando le truppe già dislocate in Ungheria. Di fatto non fu un intervento repressivo perché si trattava di truppe stanziali il cui mandato era di difesa contro la NATO e non di ordine pubblico. L’escalation della ribellione fu rapida e si estese alle fabbriche. Nagy instaurò trattative con i capi del Kremlino per risolvere la crisi attraverso il riconoscimento di maggiori autonomie e si pervenne ad un accordo tra cui ritiro delle truppe. Sembrava tutto risolto a favore della nuova Ungheria ma intervenne la decisione da parte della Russia di ripristinare il proprio ruolo dominante attraverso l’invasione di proprie truppe che avvenne con l’intervento di circa 200.000 militari e 4.000 carri armati. Nagy fu arrestato e Kadar, il suo vice, divenne Capo del Governo. Ci fu una vera e propria guerra tra l’esercito ungherese e gli operai contro i russi combattuta con bombardamenti ed uso di artiglieria da parte di questi ultimi. Dopo circa una settimana di combattimenti si arrivò al cessate il fuoco ed alla resa degli ungheresi. In seguito il regime sottopose a processo i protagonisti di questa vicenda con numerose condanne a morte tra cui Imre Nagy.