Il Capitano. - Racconti, cultura, collezionismo, articoli

Vai ai contenuti
Logo sito web
Il Capitano.
di Renato Gioja.(diritti riservati)
Quelle persone che, a sera, si ritrovavano in quel giardinetto di periferia si sentivano tutti uguali, si riconoscevano, si complimentavano se qualcuno avesse indossato una giacchetta meno trasandata, si preoccupavano per un volto depresso, festeggiavano un novo arrivato.
 
Riuniti in quel giardinetto, il Capitano, con un coinvolgente atteggiamento di sofferenza, ripeteva alle persone:
 
Mai avrei potuto immaginare che la mia vita avrebbe avuto una svolta così importante e tragica, al punto da diventare una vita da raccontare. E’ però successo, ed ora sono qui e sono contento perché sono insieme a voi, amici cari.
 
Dopo una pausa dedicata ad un momento di commozione, il Capitano riprendeva:
 
Con questa mia premessa, oramai per voi ripetitiva, desidero dare inizio al racconto di un evento che mi è davvero accaduto. Sarà questo un altro episodio di cui sono stato protagonista e che, come gli altri, certamente vi appassionerà. Essi rappresentano per me il ricordo di un periodo difficile della vita, un periodo trascorso in guerra col grado di Capitano.
 
Dopo questo annuncio, i presenti apparivano soddisfatti, qualcuno applaudiva, qualcuno lo esortava a cominciare:
 
Forza Capitano, ci racconti qualcosa!
 
In quella fredda serata, un po’ tutti si stringevano in quegli abiti malandati, nelle giacche lise, le scarpe fuori misura, i cappellini che un giorno avevano forse passeggiato in qualche viale, magari con una carrozzina che portava un bimbo.
 
Durante i racconti, il Capitano, assumeva una espressione pensierosa e un velo di tristezza copriva il suo viso. Si distingueva dagli altri per il cappotto di tipo militare che, benché antiquato e malandato, si evidenziava in quel contesto fatto di miseria.
 
Quella era la sua platea ed in quel luogo, tra quelle persone, si sentiva trattato con riverenza e rispetto, come quando era un Capitano dell’esercito. Lui era “Il Capitano”.
 
Che attore, quel Capitano! Esaltava sé stesso approfittando delle carenze di quelle persone che lo ascoltavano, carenze culturali ed economiche, vite dilaniate da una società selettiva.
 
Il Capitano continuava: Miei cari, la mia vita è stata segnata da una guerra che, come sapete, benché io fossi un Ufficiale, non mi ha risparmiato episodi tristi ma mi anche dato ricordi esaltanti.
 
Quando eravamo in ritirata, la nostra preoccupazione era che il nemico non ci accerchiasse e quando invece eravamo vittoriosi, il nostro pensiero andava alle perdite di vite umane ed alle loro famiglie, alla raccolta dei feriti, chiunque essi fossero, anche nemici. Noi curavamo anche i nemici.
 
Il pubblico: Bene, bravi! Siamo tutte persone, non conta la divisa o il vestito!
 
Una donna, quasi piangendo: In guerra ho perso mio marito, il mio unico sostegno, morale ed economico.
 
A questi commenti seguivano apprezzamenti, gesti di solidarietà, abbracci di consolazione.
 
I racconti erano quasi sempre gli stessi ed ogni tanto il Capitano vi aggiungeva qualche particolare che li rendesse più avvincenti.
 
Aveva successo il Capitano, ed addirittura le auto di passaggio rallentavano per curiosare, per capire cosa fosse quel capannello di persone intorno alla panchina. Si chiedevano chi fosse quel signore che sembrava occupare il centro dell’attenzione di tutti.
 
Come se quel giardinetto a ridosso del marciapiede fosse un salotto letterario, quelle persone lì radunate pendevano dalle labbra del relatore. Quel signore col pastrano militare che, nel loro immaginario, avrebbe meritato la notorietà ed il rispetto che mai nessuno gli aveva reso.
 
In quel periodo degli anni cinquanta, quanti reduci dalla guerra avevano qualcosa da raccontare? Tantissimi, ma il Capitano aveva fatto di quei racconti un argomento di aggregazione per quegli emarginati a cui offriva l’illusione di partecipare a quelle vicende; come se le avessero vissute direttamente.
 
I suoi ascoltatori si immedesimavano nei racconti, si sentivano partecipi, si illudevano di essere ancora in quella Società che invece li aveva emarginati.
 
Come se fossero stati al fronte anche loro e si entusiasmavano nel vivere questa esperienza irreale.
 
Una persona: Scusi Capitano, ma quel soldato di cui ci ha parlato ieri si è poi salvato?
 
Il Capitano: Non lo so. Lo spero. Altrimenti il mio intervento non sarebbe servito a niente.
 
Un altro: Ma come è successo?
 
Il Capitano aspettava tale richiesta che, finalmente, era arrivata. Raccontò:
 
Purtroppo, nella guerra l’egoismo non ha limiti. Ognuno protegge la propria vita ben conscio che il nemico è colui che può toglierla a lui. Ognuno si difende attaccando, senza pensare che la persona a cui sta sparando ha il suo medesimo timore, la sua medesima determinazione. Ognuno sta difendendo la propria vita, il suo domani, il futuro della famiglia lontana.
 
A questo punto era di abitudine un momento di pausa per dare spazio ai convenuti che annuivano a quelle verità. Poi:
 
Quel giorno non eravamo stati fortunati perché una colonna nemica veniva avanti verso di noi, quasi senza ostacoli. Sarebbe stato inutile attaccare, sarebbe stato come un secchio d’acqua contro una grande fiamma. Era più opportuno ritirarsi ed attendere i rinforzi.
 
Un soldato però volle fare l’eroe e disubbidì all’ordine. Si portò a tiro e con un colpo di mortaio colpì un carro armato.
 
Ne conseguì una intensa reazione da parte del nemico che non provocò danni alla compagnia, che, fortunatamente, si era già allontanata, ma mi accorsi che quel soldato aveva difficoltà a rientrare.
 
Lo vidi arrancare mentre trascinava una gamba, forse era ferito.
 
Se l’avessero preso l’avrebbero ucciso certamente. Mi arrampicai sulla scarpata dal quale quel soldato aveva sparato, e lo trascinai giù quasi maledicendolo.
 
Brutto idiota! Che volevi fare? Quando saremo al Comando, se vi arriveremo, ti mando sotto processo! Che cercavi? La gloria? Hai provocato una reazione che poteva decimare la compagnia!
 
Nel frattempo anche altri soldati, non vedendomi, erano tornati indietro e così mi aiutarono a portare in salvo quello sconsiderato.
 
Poi, non so come andarono le cose perché oramai il nemico era troppo vicino e dovemmo indietreggiare velocemente. Fortunatamente, non avevamo avuto conseguenze da quell’atto di rabbia alla base di quell’azione sconsiderata. Era stata una insubordinazione inammissibile.
 
Alzando la voce, il Capitano: Era stato un atto grave, e, quasi gridando, da corte marziale!
 
Ne erano seguite frasi di approvazione:
 
Il Capitano ha ragione, ma guarda che poteva succedere!
 
Se il nemico li avesse individuati!
 
Altri: Se uno è soldato, deve obbedire, se invece vuole fare di testa sua, doveva fare l’ufficiale!
 
Ma quella serata non era la più fortunata per quei racconti.
 
Alcuni veicoli si erano fermati e si era creato un piccolo ingorgo d’auto tanto che qualcuno aveva chiamato la polizia. Forse era stato qualche abitante di quel palazzo che si affacciava sui giardinetti. Più di qualcuno era stanco di quel raduno di persone strane che si ripeteva così spesso.
 
Era arrivata, quindi, una camionetta da cui era sceso una persona in divisa. Il poliziotto:
 
Insomma, ancora voi! Vi abbiamo detto che non potete riunirvi così. Siete tanti, troppi! La gente reclama.
 
Rivolto al Capitano: E lei, venga con noi. Lo sa che rischia accuse di riunione non autorizzata e intralcio al traffico?
 
E poi, sarcastico: . . .Signor Capitano.
 
All’ingresso del Commissariato, il piantone, indicando il Capitano:
 
Ancora lui! Stavolta però la dovrà smettere. Prendiamogli le generalità e teniamolo un po’ qui da noi. Tanto, forse non avrebbe dove andare. Almeno starà al caldo.
 
Avendogli preso le generalità, il poliziotto rimase un po’ perplesso. Con voce risoluta si rivolse al Capitano.
 
Lei si chiama Manfredi Augusto, e afferma di abitare in una villa che a noi risulta essere un’antica dimora. E’ il suo indirizzo attuale o uno precedente?
 
Il Capitano, tranquillamente: E’ il mio indirizzo attuale. Non credo di dover giustificare il fatto che io abiti lì! E’ la mia residenza principale.
 
Il poliziotto era comunque sospettoso e ne parlò con il graduato di turno: Una persona che veste con un vecchio pastrano militare e che si intrattiene con gente misera, e poi dichiara di abitare in una villa antica in una zona esclusiva… Davvero strano. Però se lo accusiamo di aver mentito, le cose si complicano. Meglio evitare.
 
Il graduato: Si, in fondo non è successo nulla. Non é la prima volta che siamo dovuti intervenire per quei piccoli comizi. La verità è che ci siamo sempre limitati a sciogliere l’assembramento bonariamente. In fondo è povera gente che cerca solo compagnia e reciproca solidarietà.
 
Il graduato di turno aprì quindi una pratica a nome di Augusto Manfredi solo per schiamazzi ed intralcio al traffico. Sottopose il fascicolo al suo superiore, il maresciallo Romani:
 
Maresciallo, scusi, forse sto esagerando con questa identificazione, ma se tutti coloro che non hanno una dimora fissa si mettessero a radunare gente, come potremmo garantire l’ordine pubblico?
 
Il maresciallo: Certo, è vero. Ma che ci dobbiamo fare, fa parte del nostro compito. Ma che ci troveranno in questo signore? Mi hanno detto che racconta episodi di guerra.
 
Poi, rileggendo il nome nel fascicolo, rivolto al graduato:
 
Però, questo nome mi ricorda qualcosa. Proprio della guerra! Possibile?
 
Andò nella sala d’attesa dov’era il Manfredi e lo guardò bene: Eh sì, era proprio lui!
 
Si fece avanti: Ed allora, signor Capitano, come è finito così?
 
Il Manfredi: Mi chiama signor Capitano? Mi conosce?
 
Il graduato: Eh sì che la conosco! Sono passati dieci anni ma io ricordo tutto perché da un episodio che Lei racconta ne uscii con una gamba malconcia che ogni tanto si fa sentire con delle fitte tormentose.
 
Proseguì: Sono Romani, il soldato che Lei voleva mandare sotto processo e non ho mai saputo perché.
 
Manfredi ora lo stava collegando a quell’episodio che raccontava così spesso al suo pubblico.
 
Ebbe un sussulto e quasi lo aggredì:
 
Ah, adesso mi ricordo di lei! Quello che, per cercare la gloria mise in pericolo l’intera compagnia! Aveva disobbedito ai miei ordini con atto di insubordinazione.
 
Il maresciallo: Ma quale gloria! Io ero andato a recuperare il mio zaino in cui c’erano tutte le mie cose. Gavetta, posate, una bottiglietta di vino, un po’ di biancheria. Se non le avessi recuperate me le avrebbero addebitate!
 
E non fu colpa mia se proprio in quel momento un colpo di mortaio colpì un carro armato nemico ed una scheggia colpì la mia gamba! E lei mi voleva portare sotto processo! La gloria! Ma guarda che devo sentire!
 
Meno male che quella ferita mi ha fatto avere questo lavoro altrimenti sarei stato come Lei! Uno straccione millantatore che racconta frottole!
 
Senta, si prenda le sue cose e se ne vada e la smetta di raccontare falsità a quei poveretti. Non si faccia più vedere e basta con i comizi. Addio!
 
Il maresciallo si era davvero arrabbiato, ma, ancora peggio, aveva smontato una storia che il Capitano raccontava tanto volentieri. In quella storia si affermava la sua capacità di comando, il suo coraggio nel salvare quel soldato ferito. Era crollato un aspetto del suo mondo, la parte più esaltante dei suoi ricordi.
 
Il Manfredi, il Capitano, se ne tornò a casa. Lui una villa l’aveva davvero ed era anche in un quartiere di benestanti.
 
Si tolse quel pastrano comprato da uno straccivendolo e lo buttò sul bidone delle immondizie.
 
La sua storia era così finita. Diceva a sé stesso:
 
Eh già, riprendo i panni e le abitudini della mia posizione e ritorno in quella solitudine che avevo voluto sconfiggere con quelle riunioni, con quei racconti. Era un modo per sentirmi ancora importante ed ammirato. Pazienza.
 
Passò giusto qualche giorno e poi si riorganizzò:
 
Però nelle riunioni di salotto a cui abitualmente partecipo, posso raccontare di aver voluto condurre un esperimento sociale travestendomi da straccione e raccontando gli episodi di guerra di cui era stato però realmente protagonista. In fondo cosa cambia? Il racconto potrebbe essere lo stesso, solo l’ambiente e gli ascoltatori sarebbero diversi.
 
Inoltre, non più la strada ma il salotto, con la garanzia che non sarebbe venuto nessuno a disturbare. Potrei prolungare il racconto estendendolo alla mia permanenza al posto di Polizia, così come effettivamente avvenuta.
 
Avrei criticato la Società per aver catalogato malamente una persona soltanto perché vestito come un mendicante!
 
E poi, la figura di quel maresciallo claudicante che affermava di essere lui il protagonista di quell’episodio! Suo subalterno? Ma chi lo conosce? Sicuramente aveva inventato tutto, a cominciare dallo zaino da recuperare. Esatto! Potrò dire così, nessuno potrà smentirmi.
 
Diceva a sé stesso:
 
Sì, lo so. Quell’ex soldato non aveva inventato nulla, ma nel salotto non sarebbe mai stato presente per cui non avrebbe potuto smentire me, il suo ex Capitano. Ho libertà di raccontare ciò che voglio e dare del bugiardo a chi sarebbe stato comunque assente!
 
Potrei anche aggiungere che dall’indagine demoscopica condotta tra i poveracci era emersa la facilità con cui una persona più colta poteva, con poco sforzo, creare il suo successo, influenzando le menti meno preparate e conquistandone la fiducia. Bene, si può fare! Caro Maresciallo, grazie! Mi hai trasferito dal giardinetto alla nobiltà!
 
Ora incominciava a porsi dei quesiti sui suoi nuovi ascoltatori:
 
Chissà se gli amici del salotto si appassioneranno anche loro alle storie che racconterò ma, accettandole, dimostrerebbero di non essere diversi da quelli del giardinetto. E’ solo una questione di posizione e di soldi!
 
Quanto ne inventava questo Capitano!
 
Ed infatti i suoi racconti durarono per lungo tempo resi sempre più avvincenti, sempre meno veritieri. Si prolungavano fino a tarda notte e, a seguito delle proteste ricevute dai vicini e dopo tanti avvertimenti, il portiere segnalò il fatto alla Polizia.
 
Una sera, era abbastanza tardi, bussarono alla porta. Il cameriere aprì e si trovò davanti un assonnato maresciallo di polizia:
 
Polizia. Ci hanno segnalato del chiasso continuo . .
 
Il cameriere: Un attimo, scusi, chiamo il signor Manfredi.
 
Il maresciallo: Manfredi? Mi ricorda qualcuno! Speriamo di no.
 
Ma non era così. Il maresciallo: Capitano, ancora Lei! Ma, insomma, è in ogni luogo! E scommetto che anche qui sta raccontando episodi di guerra! Avrà pure raccontato il mio, anzi il nostro, episodio.
 
Il Capitano: Prego, si accomodi anche Lei. Questa è casa mia, questo è il mio vero ambiente. Le posso offrire un pasticcino?
 
Rivolto agli altri convenuti:
 
Cari amici, da tempo vi racconto di quell’episodio in cui si verificò quell’equivoco sul colpo di mortaio e sulla figura del soldato che, erroneamente, io pensai volesse fare l’eroe.
 
Ebbene, oggi abbiamo qui con noi quella persona, quel soldato, ora maresciallo di Polizia, che ci potrà chiarire cosa realmente successe quel giorno.
 
Prego, maresciallo. Se gradisce potrà dare qualche precisazione su quell’episodio. Io potrei anche non ricordare qualche particolare.
 
E così il Capitano aveva coinvolto il maresciallo facendolo diventare, inaspettatamente, partecipe di quel salotto altolocato.
 
Il maresciallo non si aspettava di diventare centro dell’attenzione, ma nascose il suo imbarazzo ed anzi:
 
Certamente, mi fa piacere. Questi ricordi di guerra restano indelebili nella memoria dei protagonisti e quella sfortunata ritirata fece sì che la conoscenza subordinata tra me ed il Capitano si trasformasse in eterna riconoscenza. Fu il Capitano a salvarmi aiutandomi a rientrare nella Compagnia, dopo l’esplosione del carro armato.
 
Vedete, quel giorno, nella ritirata avevo perso il mio zainetto, ecc. . . . .
 
Finito il racconto, mentre rientrava al Comando, in macchina, il maresciallo ragionava a voce alta.
 
Imprevedibile questo Capitano. Trova sempre un accomodamento in ogni situazione, una via d’uscita per sistemare ogni cosa. Mi ha addirittura coinvolto nell’episodio riconoscendo il mio ruolo di protagonista! Ha pure ottenuto la conferma di quanto già da lui raccontato! Che opportunista, questo Capitano! Che personaggio, questo Capitano!
 
L’autista: Già, ma speriamo che scelga un’attività da svolgere di giorno!
 
Il maresciallo: Io vedo in lui un buon attore. Ha una tale variabilità che potrebbe fare del teatro. Almeno lì non ci chiamerebbe nessuno! Forse.
Renato Gioja
 Pulsante vai a elenco
Torna ai contenuti