La Pandemia. La storia fino al 2022. (parte seconda) - Racconti, cultura, collezionismo, articoli

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Storia della pandemia COVID 19 (parte seconda) di Renato Gioja.
Analizzando l’impatto della pandemia sull’organizzazione dello Stato, alla fine del 2020 c’erano alcuni mesi di tempo per fare fronte alle carenze che erano già emerse e che quindi erano note in particolare nei trasporti e nella scuola che, essendo luoghi di assembramento, erano punti sensibili da proteggere. Forse aveva prevalso la speranza che il virus avesse perso la propria vitalità per cui nulla fu fatto in merito ma, peggio, ad ottobre 2020 la scuola riprese tranquillamente in presenza anche perché si rassicurava che i giovani non venivano attaccati dalla malattia e sarebbe bastato il distanziamento in aula per evitare la trasmissione del contagio. Famosi furono i cosiddetti “banchi a rotelle” che, essendo mobili, avrebbero facilitato il controllo della distanza tra gli studenti. In realtà la scuola aveva bisogno di reperire nuove aule per diminuire il numero di studenti per classe nonché vi sarebbe stato bisogno di altri insegnanti ed invece arrivarono i “banchi a rotelle” e la satira che ne conseguì. E così iniziò il 2021 e ripresero fortemente contagi e decessi mentre i medici di base, in applicazione delle direttive ministeriali, consigliavano l’uso della tachipirina in caso di febbre. La prescrizione telefonica era “Tachipirina e vigile attesa” e si lasciava che il virus progredisse nei polmoni senza ostacolo alcuno. Quante vite si sarebbero potute salvare se il sistema medico fosse intervenuto con rapidità bloccando la malattia con antibatterici, antinfiammatori, antivirali? Ma i medici di base non erano autorizzati a fare diversamente e pochi si assumevano la responsabilità di un intervento autonomo. In TV era un susseguirsi di talk show sull’epidemia, i virologi divennero affermati o discussi personaggi televisivi, si sviluppò il lavoro a casa erroneamente definito “smart working” al posto di “telelavoro”. Le Regioni venivano etichettate dal giallo al rosso a secondo la capacità di risposta del sistema sanitario regionale, ora i giovani non erano più immuni dalla malattia ma solo dai 18 anni in giù. Ciò che mancava all’informazione era l’accesso ai reparti COVID degli ospedali, non ammesso, ma sarebbe bastato qualche trasmissione televisiva per far capire alla gente la vera realtà della malattia, cosa significasse respirare con la testa in un cilindro a cui era legato il proseguimento della propria vita, l’attesa della visita quotidiana dei medici e l’eventuale incremento la quota di ossigeno nel cilindro o il trasferimento in terapia intensiva. Tutto il giorno da trascorrere in un’attesa preoccupata, il pensiero rivolto ai familiari con i quali non vi erano più stati contatti dall’ingresso in ospedale, la speranza di un pur minimo miglioramento. Non di meno era la cura a casa, ove resa possibile dalla coscienza e dalla determinazione del medico di base, restando il pensiero fisso sulla temperatura che poteva all’improvviso salire come anche il frequente controllo dell’ossigenazione con il saturimetro. Un contagiato COVID è in ansia continua perché non sa se e quando il virus potrebbe intaccare le cellule e questa situazione dura fino alla negativizzazione per la quale non si ha neanche una scadenza presunta. E mentre il virus imperversava, nei talk show televisivi si continuava con le chiacchiere. Ciò che veniva omesso era che i “guariti” erano tali solo perché dimessi dagli ospedali ma nulla si è mai detto sulle loro condizioni fisiche e mentali e sulla necessità di lunghe terapie riabilitative che potevano anche non essere risolutive. Comunque finalmente a Dicembre 2020 arrivarono i primi vaccini e così gli “esperti” ci spiegavano che i vaccini americani Pfizer e Moderna avevano la capacità di impedire che la proteina spike del virus attaccasse le cellule del sistema respiratorio. In linea generale si diceva che la produzione di un vaccino in così breve tempo era stato un grande sforzo della ricerca scientifica che aveva raggiunto risultati per i quali abitualmente erano necessari almeno due anni. C’era anche il vaccino Astra Zeneca, anglo-svedese, che invece aveva adottato il sistema tradizionale del contagio a bassa valenza e la TV intervistava il responsabile della fabbrica di Pomezia come se fosse una vittoria italiana. Poi fu triste scoprire che il vaccino Astra Zeneca, benché utilizzato nel mondo, poteva provocare conseguenze anche gravi in alcuni soggetti. L’Unione europea aveva acquistato subito milioni di dosi del vaccino Pfizer ma, chissà perché, il contratto era stato secretato. A sorpresa, si dichiarava ora che i giovani erano soggetti al contagio come tutti. Si proseguiva con le Regioni colorate secondo la capienza sanitaria, si discuteva in televisione, si litigava, era sorto un movimento no-vax che scendeva in piazza ogni sabato. Il virus mutava ed ora la variante Delta era prevalente. Si chiariva che il vaccino non preservava dalla malattia ma ne attenuava comunque la gravità e non bastava una dose ma bisognava replicarla e poi ancora fino alla terza ed attualmente non si se ne conosce il seguito. La popolazione era disorientata. Praticamente il Comitato Tecnico Scientifico, consulente del Ministro della Salute, aveva smentito sè stesso in più occasioni. Nei confronti dei bambini ora si dichiarava che non erano esenti dal contagio ma dovevano essere vaccinati. Attualmente siamo alla variante Omicron, più contagiosa ma meno grave con raffreddore, tosse e mal di gola e, se più pesante, con conseguenze intestinali e dolori diffusi (Omicron 2).  Ma cosa abbiamo imparato in Italia da questa pandemia? Grandi polemiche, ora misteriosamente spente, sul mancato aggiornamento dei piani pandemici sulla SARS2 ; il sistema politico ha mediato tra i provvedimenti evitando decisioni drastiche che potessero compromettere l’economia anche in presenza di migliaia di decessi ; l’eccesso di provvedimenti successivi che ad un certo punto hanno intaccato la credibilità dei precedenti ; la comunicazione che ha trattato i malati ed i deceduti più come dati statistici che come persone ; l’invadenza del sistema televisivo che ha colto la possibilità di utilizzare la pandemia per fare spettacolo e creare personaggi e tanti provvedimenti criticabili. In conclusione, abbiamo forse capito quanto in realtà sia debole la vita umana già sottoposta al pericolo degli armamenti atomici e che riceve ora avvertimenti dalla natura la cui alterazione può significare il nostro suicidio. Certo è che il virus lo abbiamo creato noi stessi intervenendo sulla SARS2 ma nessuno chiede decise spiegazioni sul motivo della modifica biologica effettuata e forse sfuggita al controllo. Il segreto è massimo. A ciascuno la propria considerazione.
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