LA STORIA DI GIOVANNI, a Procida (Punta Lingua) negli anni '50.
Un libro che l'autore, Antonio Gioja, ha prodotto in un numero limitato di copie ma che potrebbe essere replicato.
Ne narriamo qui la vicenda, davvero avvincente, riportando in corsivo alcuni periodi del testo originario.
PARTE PRIMA: INTRODUZIONE
Quando si riconosce di essere diventati anziani si è più disponibili a ripensare alla propria vita, agli episodi che hanno influito o determinato le scelte, agli orientamenti culturali, alle sensazioni. In genere si racconta di sé nelle riunioni familiari ripetendo poi gli stessi argomenti ma a volte si decide che scrivere è meglio, la scrittura resta, la scrittura ci fa ricordare nel tempo.
Per queste ragioni, Antonio Gioja, già Direttore dell’INADEL a Napoli, ha voluto racchiudere questi suoi ricordi in quattro libri dei quali vogliamo ricordare “Punta Lingua” che è relativo all’isola di Procida, alla sua bellezza, alla vita semplice come poteva essere quella degli anni cinquanta.
Una testimonianza che coinvolge luoghi e persone, pescatori e personaggi, quasi anche una esplorazione di quel mondo tanto diverso da quello di un ufficio di città. Nel suo libro l’autore descrive le sensazioni nell’essersi trovato, quasi per caso, su questa isola e di essere rimasto attratto dalla sua natura e dalle vicende delle persone incontrate. Una terra ricca di storia benché più nota come luogo di punizione in quanto antica sede di un famoso carcere e, in tempi più recenti, come punto di passaggio nel traghettamento verso Ischia.
LA STORIA
La storia che l’autore racconta ha inizio con il matrimonio di un suo cugino con una fanciulla isolana, una cerimonia svolta nella dimora degli sposi immersa nel verde di un orto.
“ Rivedo il bel terrazzo da cui appaiono all’orizzonte, lungo un tratto di mare, la costiera dei campi Flegrei, la penisola sorrentina e l’isola di Capri. Alle spalle ancora resistono al tempo i resti di una vecchia costruzione del carcere nato nel 1830 come “bagno penale”. “
E’ questa la scoperta della bellezza dei luoghi e di un modo di vivere molto diverso da quello intenso della città di Napoli in cui l’autore viveva. Era infatti il tempo in cui le carrozzelle andavano su e giù sull’unica strada acciottolata che collegava le località dell’isola. Sarebbero venuti in seguito i turisti chiassosi, ma sarà poi un’altra storia.
Continuando con i ricordi, l’autore ci descrive i luoghi che attraversava durante le sue passeggiate intercalate da brevi deviazioni alla ricerca di viste caratteristiche nella zona Corricella, un villaggio di pescatori, o a Terra Murata, oppure al Vascello ove le case a semicerchio richiamavano la tolda di una nave da guerra. Erano questi i punti di incontro tra vecchi naviganti e pescatori i quali ogni giorno si ritrovavano per raccontare le vicende vissute, le esperienze, le cose belle ma anche le tragedie.